Digitale terrestre, il caso Veneto orientale si risolve con piccoli aggiustamenti

Dopo la cessazione delle trasmissioni televisive analogiche in Veneto molti cittadini – si dice “oltre centomila abitazioni del Veneto Orientale non ricevono più i canali RAI” – hanno lamentato l’impossibilità di sintonizzare diversi canali ed è scattata la protesta che alcuni sindaci hanno preso subito in carico minacciando (a lor dire solo come “provocazione”) lo sciopero fiscale verso il pagamento del canone RAI e facendo finta (speriamo) di ignorarne la natura di “tassa di possesso di apparecchio TV”.

Fin qui nulla di nuovo, d’altronde in Italia a lamentarsi non si fa mai male, ma non è stata persa occasione per fare anche un po’ di propaganda alle iniziative secessioniste di quel Veneto che aspira a diventare parte del Friuli Venezia Giulia.

Se Portogruaro piange, a Roma non si ride, potremmo dire. A Roma, onorevoli parlamentari hanno presentato un’interrogazione (agli atti parlamentari, 14 dicembre 2010, ancora in corso e replicata in una lettera indirizzata al Governatore del Veneto, Zaia, assente all’incontro che si è tenuto il 5 gennaio scorso a palazzo Balbi in Venezia, sollecitato da un comitato di cittadini) sostenendo lo sfascio generalizzato delle operazioni digitali nella zona di “estremo Veneto”. Questo documento è, ad esser generosi, molto confuso, non espone chiaramente i termini del problema anzi li offusca, esagerando nella catastrofica descrizione e non fornendo una soluzione dettata dal buonsenso. Ad esempio si citano due siti di trasmissione presentati come alternativi (Piancavallo e Castaldìa) quando nella realtà sono coincidenti.

In fondo, prima di occupare risorse del Parlamento più utilmente impiegabili a compiti più generali, basterebbe dare un’occhiata al sito di Raiway (la società che si occupa della gestione della rete di trasmissione RAI in Italia) per capire immediatamente e a costo zero che dal Veneto, seppur estremo, non serve (nella stragrande maggioranza dei paesi) puntare le antenne verso un ripetitore del Friuli V. Giulia e non è nemmeno sempre necessario avere due antenne “per vedere tutto”: per vedere solo la RAI, nella gran parte del territorio che protesta, ne basta una sola, orientata verso l’unico trasmettitore giusto. Tutte cose che conosce il cittadino mediamente acculturato, anche privo di laurea in ingegneria ma banalmente armato di internet, Google Maps e buona volontà di risolvere un problema piuttosto che cavalcarlo.

Per essere chiari, il fattore tecnico scatenante la questione è lo spegnimento del ripetitore RAI di Col Gajardin e la decisione di mettere quello di Piancavallo/Castaldìa a disposizione del solo Pordenonese. Queste modifiche alla rete di trasmissione RAI purtroppo si scontrano con il puntamento tipico delle antenne di ricezione in questa parte del Veneto. Per queste zone lo spegnimento del ripetitore di Col Gajardin (in territorio friulano, da cui era emesso fino al dicembre scorso il “Mux A” contenente i primi tre canali RAI) può portare, a seconda di come è configurato il proprio impianto di antenna, due conseguenze: si può perdere completamente la possibilità di vedere i multiplex RAI oppure si rimane stupiti e infastiditi di vedere RAI 3 solo con TGR Friuli V.G. Nel primo caso, evidentemente, non si possiede nemmeno una delle antenne dell’impianto puntata verso Udine mentre nel secondo, ancor più evidentemente, il proprio impianto riesce a ricevere solo dalla zona di Udine e quindi non ci si dovrebbe stupire più di tanto di poter vedere solo il TGR Friuli V.G.

Le proteste esagerate, quindi, vanno riportate alla realtà dei fatti. Come spiegato in approfondimento esistono limitate zone non a portata ottica con Monte Venda ma illuminate sugli stessi canali VHF e UHF (quindi non servono antenne particolari) da ripetitori aggiuntivi, come quello sul Col Visentin, ed una piccolissima area di una decina di chilometri all’incrocio fra A4 e A28 in cui si riceve soltanto da Udine, con la mancanza del TGR Veneto. Non occorrono nuovi impianti e nemmeno “rivolte contro la RAI” per imporre la riaccensione di un trasmettitore friulano da dedicare ad una parte di Veneto, basteranno piccoli aggiustamenti, possibili soprattutto evitando il solito “sfascismo” generale. A meno di non puntare ad accontentarsi, in alternativa, direttamente del passaggio di una porzione di territorio da una regione all’altra.

Fonte: Il Messaggero
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