La frenata di Raiuno e Canale 5: così il digitale ha cambiato la tv

E ora si cosparga il capo di ceneri chi sosteneva che gli italiani si sarebbero persi nella selva di canali sbocciati grazie al passaggio al digitale terrestre. I dati parlano chiaro: come nel resto d’Europa, sono sempre di più i telespettatori nostrani che mostrano di apprezzare i canali tematici, appunto quelli di ultima generazione, rispetto alle reti tradizionali.

Ovviamente la tv generalista continua a farla da padrone, ma la tendenza è netta e, man mano che le zone d’italia vengono coperte dal segnale digitale, è destinata a consolidarsi. Insomma le tre reti Rai, le tre Mediaset e La7 perdono gradualmente spettatori, ma le rispettive aziende li riacquistano su canali come Rai 4, Rai 5, Rai Movie o Boing, Iris, La5 e Premium. Un dato lampante: nei primi due mesi del 2011 la tv generalista ha perso circa il 5 per cento di share rispetto al medesimo periodo dello scorso anno a vantaggio di quella tematica. Insomma, per essere ancora più chiari: nel 2006, prima dell’avvento del digitale, Rai e Mediaset tradizionali conquistavano il 90-95 per cento della platea televisiva, ora arrivano al 70-75.

Se ci si vuole divertire a vedere quanto calano o crescono le principali reti, basta consultare il grafico riportato in questa pagina: i dati Auditel si riferiscono allo share (cioè alla percentuale d’ascolto) nell’intera giornata televisiva. I fattori che più saltano all’occhio sono quelli relativi alle due maggiori reti: Raiuno, rispetto allo stesso periodo dello scorso anno (dal 2 gennaio al 12 marzo) perde l’1,60 per cento, Canale 5 di più: il 2,84 per cento. Cali importanti – corrispondono a centinaia di migliaia di spettatori – che, visti così a freddo, fanno rabbrividire i dirigenti. Ma che, letti in altro modo, provocano meno timore: perché molti spettatori sono migrati sulle tematiche. Soprattutto in Rai: quanto perso negli anni dalle generaliste si è recuperato nelle specializzate con un pareggio sostanziale con l’anno precedente.

Lo sottolinea il vice direttore generale Antonio Marano delegato ai palinsesti, che non nasconde anche le difficoltà. «Per ora – argomenta – il risultato è positivo perché, grazie ai canali tematici che vanno a raccogliere certi tipi di pubblico, siamo riusciti a recuperare gli spettatori persi negli anni dall’offerta tradizionale, soprattutto i bambini, i giovani, i più acculturati e gli amanti dello sport che trovano spazi dedicati unicamente a loro. Questo percorso è ostacolato da problemi come le mancate nomine dei dirigenti (le nuove reti sono senza responsabili ufficiali da anni), dai problemi legislativi e dalla perdita economica per l’evasione dal canone. Il futuro? Sta in una sola parola: la strategia multimediale, la Rai deve investire di più nella produzione di contenuti per altri mezzi di trasmissione come il web e i telefoni cellulari».

A Mediaset, invece, il recupero, almeno in termini di share, non è stato totale: sommati insieme i dati di Canale 5, Italia Uno, Retequattro e Mediaset Premium, il risultato è una perdita del 2,27 rispetto allo scorso anno. Però bisogna ricordare che il Biscione ha messo in atto da anni una strategia parallela andando a potenziare sempre di più la pay Tv. Insomma, da una parte l’azienda perde in investimenti pubblicitari (che sono il motore della tv tradizionale), dall’altra recupera grazie agli abbonamenti diretti dei clienti (che sono i padroni delle reti tematiche). Ovviamente non siamo di fronte a vasi comunicanti, ma come ripete sempre il vice presidente Pier Silvio Berlusconi la direzione aziendale è quello di una strategia «multipiattaforma».

A Mediaset tendono però anche a sottolineare che, se è indubbio che in percentuale le cifre sono calate, il discorso non vale per il numero degli spettatori essendosi nel frattempo allargato il bacino di pubblico: insomma molte persone in più si sono avvicinate alla Tv grazie ai nuovi canali. «Il caso di Canale 5 è emblematico – chiariscono dal Biscione – nel 2006 la rete era vista da una media di 2 milioni di persone nelle 24 ore e tali sono rimasti. Il motivo è che nel 2010 il totale del pubblico che guarda la tv è di 10 milioni e mezzo di individui nelle 24 ore contro i 9 e mezzo del 2006». In più Mediaset si concentra di più sull’ascolto del pubblico che interessa agli investitori pubblicitari: quello tra i 15 e i 64 anni.

«I nuovi canali tematici in questa stagione televisiva (settembre 2010-febbraio 2011) – spiegano – sono arrivati a raccogliere oltre il 5% dell’ascolto complessivo della tv italiana sul pubblico 15-64 anni. Ascolto che sommato a quello delle nostre tre reti generaliste porta il totale Mediaset a sfiorare il 42%. E proprio il 42% era l’ascolto delle tre reti Mediaset nel 2006, prima della rivoluzione del digitale terrestre. Morale: i nostri investitori pubblicitari apprezzano molto la capacità di Mediaset di leggere il nuovo scenario, modernizzarsi, e saper offrire loro un numero di consumatori infinitamente superiore a quello di qualsiasi altro mass media». Insomma, ognuno ormai va in cerca di un suo spicchio di pubblico.

Fonte: Il Giornale
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