Se c’è infatti una istituzione pubblica che non può fare a meno di confrontarsi quotidianamente con i flussi migratori sul territorio questa è la scuola. Babel è andato a Napoli dove maestri e dirigenti scolastici italiani si sono incontrati con maestri stranieri, provenienti dalla comunità cinese, ucraina e rumena per un confronto sulle diverse esperienze e metodi di insegnamento.
La multiculturalità scolastica, spesso avvertita solo come un problema, può rappresentare invece una occasione di confronto e di arricchimento soprattutto per quello che riguarda l’apprendimento delle lingue. “Mediamente i bambini stranieri conoscono più lingue di quelli italiani e ad alcuni partono, in alcune discipline, con delle competenze maggiori come ad esempio la matematica per i cinesi” afferma Vinicio Ongini del Minstero dell’Istruzione.
Le specificità culturali si riflettono anche sulla didattica e sui metodi di insegnamento. “Gli occidentali puntano molto sulle inclinazioni naturali dei ragazzi e alla loro indipendenza” racconta Shi Li Pan, Preside di una scuola cinese in Italia – “nell’educazione cinese invece gli insegnanti indirizzano e condizionano molto di più i ragazzi nell’apprendimento e la politica del figlio unico ha esasperato le aspettative nei confronti dell’educazione scolastica”. “La scuola a livello istituzionale è la sede privilegiata non solo alla trasmissione del sapere ma anche alla formazione delle coscienze – conclude Antonio Cutolo Direttore Ufficio Intercultura del MIUR – “ed è per questo che, garantendo il diritto allo studio a tutti, diventa il luogo in cui si creano le condizioni per una vera integrazione”.